IL RECIOTO: “ANTENATO” DEI VINI PREGIATI DELLA VALPOLICELLA

IL RECIOTO: “ANTENATO” DEI VINI PREGIATI DELLA VALPOLICELLA

Rosso, Veronese, Unico, il Recioto è protagonista sulle tavole imbandite della Valpolicella da più di 2000 anni. Assaporarlo in compagnia rende indimenticabile ogni festa e ogni occasione speciale.

Vorresti conoscere la storia del “dolce nettare color porpora”?

Il nome Recioto compare a Verona verso la fine dell’800 e le sue possibili origini etimologiche potrebbero essere diverse: infatti il nome “Recioto” può derivare dal latino “recis” (grappoli staccati) oppure da “racemus”(grappolo selezionato).

Più probabilmente l’origine di questo strano nome sta nella parola dialettale “recia” (orecchio) che per molto tempo ha indicato la parte superiore del grappolo più prelibata, matura e dolce, che si selezionava durante la prima vendemmia per l’appassimento.

Il segreto del Recioto

L’aspetto che maggiormente caratterizza il Recioto è la tradizione dell’appassimento delle uve che nel tempo ha visto l’evolversi di diverse tecniche:

  • dalla più antica pergula domestica risalente ai romani, con l’uva appesa al doppio filo intrecciato;
  • all’appassimento a terra, quando i grappoli venivano disposti sul pavimento in legno dei vecchi granai;
  • oppure ai graticci di canne di palustre (le cosiddette arèle) della peagnà, la particolare struttura in legno di tavole (taolon) sovrapposte, sulle quali veniva stesa l’uva ad appassire, così come venivano allevati i  bachi da seta o essicati legumi e cereali secondo stagione.

Oggi l’appassimento avviene direttamente:

  • nelle cassette di legno o
  • in plateau di plastica traforati adatti per appassire grandi quantità di uve.

Durante la vendemmia manuale si dispongono circa 6 kg di uve in mono strato nei plateau che verranno accatastati e monitorati per 120-130 giorni in appositi fruttai. In prossimità e dopo le festività natalizie si procede alla pigiatura e alla vinificazione secondo il progetto enologico.

Il Recioto è prodotto con uve passite locali come la Corvina, il Corvinone e la Rondinella, e in percentuali minori anche con Forselina, Negrara e Oseleta, talvolta Molinara. Le stesse uve che oggi vengono utilizzate per la produzione del fortunato Amarone, la sua interpretazione più secca, amara appunto.

Ma facciamo un passo indietro…Con molta probabilità in età romana l’attuale Valpolicella costituiva l’area principale di approvigionamento di vini di qualità non solo per Verona ma anche per mercati più lontani.

 

La vitis raetica derivava il proprio nome dal toponimo Raetia, una regione che a quell’epoca si estendeva dal Danubio fino al Canton dei Grigioni e comprendeva il Tirolo e la Lombardia settentrionale. Se è vero che la Vite Retica era coltivata nel territorio veronese possiamo affermare che la Valpolicella rappresentava anche in passato una delle principali zone di produzione.

Ecco cosa scriveva Plinio (23 – 79 d.C.): “..ante eum Raeticis prior mensa erat uvis ex Veroniesuium agro” (Plinio, Nat.HIs, XIV,16). Quindi sappiamo che già 2000 anni fa, in età romana, le uve retiche provenienti dall’agro veronese erano servite a tavola come antipasto. Sappiamo anche che il clima e i terreni della Valpolicella non erano molto diversi dalle attuali e che una delle caratteristiche più importanti della viticoltura veronese è sempre stata l’origine autoctona dei suoi vitigni.

liquido o carnoso, bevanda commestibile”…vino puro dal colore regale e dal sapore speciale; cosicchè tu pensi che la porpora sia tinta dal vino stesso, o che il suo limpido umore sia spremuto dalla porpora…”.

Questa descrizione è tratta dalla testimonianza storica più famosa relativa al vino veronese, la lettera inviata al Canonicato di Venezia da Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (490-583), senatore e prefetto del Pretorio alla corte del Re Teodorico a Ravenna (re d’Italia dal 493 al 526) per rifornire i magazzini reali. L’apprezzamento dei vini veronesi è noto sin dai tempi più antichi e l ’eccellente vino richiesto si chiamava allora Acinaticum, prodotto con il medesimo metodo dell’appassimento delle uve utilizzato ancora oggi per ottenere il Recioto, simile per colore, schiettezza e dolcezza.

Quindi con quale vino intendeva rifornire i magazzini reali il senatore Cassiodoro?

La scrupolosa descrizione che ci tramanda non lascia dubbi: il vino era il Recioto della Valpolicella, conosciuto all’epoca come vino “Acinatico”, che si trovava solo in piccole quantità per la sua particolare tecnica di vinificazione, difficile e selettiva come ai giorni nostri. Ecco come nasce questo vino rosso, dolce, unico, prodotto esclusivamente tramite il particolare procedimento dell’appassimento naturale delle uve migliori. Il nome “Recioto ” comparirà solo dopo la metà dell’800, mentre prima lo chiamavano,  “Acinatico” o “Vin Santo”.

Come puoi constatare la storia di questo vino è antica tanto che la si fa risalire al tempo dei romani e al famoso vino retico decantato e apprezzato dai poeti latini. 

Con il crollo dell’Impero Romano la produzione e il consumo di vino andarono sempre più calando e per molto tempo la viticoltura rimase attiva soprattutto attorno ai monasteri, per usi religiosi e medicinali. Il vino veniva considerato un prodotto di lusso, riservato alle personalità d’alto rango: papi, nobili e imperatori. Bisognerà attendere la fine del Medioevo perché la viticoltura in Italia torni a fiorire. In passato la produzione di vini rossi dolci rimase alquanto rara; al contrario la moda dei dolci bianchi si mantenne stabile per più secoli, fino alla fine dell’800. Un periodo lunghissimo nel quale le attenzioni commerciali per i vini dolci e fortificati condizionarono molte realtà produttive. Lo attestano le importazioni delle Malvasie dalla Grecia nel ‘300, fino all’invenzione del Marsala in Sicilia da parte degli Inglesi a fine ‘700. Fino al 1950 la stessa Australia era conosciuta più per i vini fortificati che per gli Cardonnay o gli Shiraz che oggi conquistano i mercati. Nel XIX secolo la moda dei vini dolci iniziò il suo declino e si cominciarono ad apprezzare anche i vini secchi.

Per secoli il Recioto ha rappresentato il vino più apprezzato e ricercato della Valpolicella oltre che il vino più pregiato. Se nel dopoguerra il vino cosiddetto” amaro” valeva una lira, il Recioto ne valeva 10. Fintanto che il mercato richiese vini dolci, i nostri mercati continuarono a fornirli e la tradizione del Recioto proseguì, così come quella dell’Aromatico in Valtellina, che diede origine all’attuale Sforzato, come figlio del Recioto è il nostro Amarone. Ma questa è un’altra storia…

Come possiamo oggi riassaporare questo liquido carnoso dal color porpora e dal sapore speciale?

La festosità del vino è senza dubbio ricollegabile nella storia antica alla sua presenza nei riti commemorativi già all’epoca dei Fenici e degli Egizi, poi in quelli greci dedicati a Dioniso.

Per Domìni Veneti il Recioto è parte integrante della memoria e della cultura del territorio in Valpolicella Classica dove è sempre stato il vino dell’accoglienza con il quale tradizionalmente si ricevevano gli ospiti. Quando apriamo una bottiglia di Recioto tornano alla memoria i racconti del passato. Domìni Veneti mantiene in vita la storia del vino e si distingue per la produzione di diverse tipologie di Recioto, simbolo della viticoltura in Valpolicella Classica.

Sai che ci sono diverse tipologie di Recioto? Ecco come Domìni Veneti interpreta i diversi stili:

Perché scegliere il Recioto per i nostri banchetti?

La risposta di Domìni Veneti è da ricercare nella memoria del passato e nella cultura del territorio. Il Recioto rappresenta qualcosa di più di un semplice vino, è sottile poesia del tempo trascorso che si snoda lungo i secoli come l’appassimento, una tecnica molto antica mantenuta in vita dalla produzione di questo dolce nettare color porpora, oltre che dal suo più famoso Amarone.

 

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